Mercoledì, 25 Aprile 2012 02:21

Dopo Giovanni Riva, aspettando Tonalestate

Scritto da  Gerardo

La morte di Riva, giunta così all'improvviso, rende indispensabile e forse inevitabile chiedere aiuto alla testimonianza di chi ha vissuto quegli anni e di chi ha raccolto e porta avanti quell’esperienza iniziale.
Di questo vuol farsi carico la prossima edizione di Tonalestate, seguendo lo spirito dell’Opera di Nàzaret, sempre tesa ad incontrare il diverso da sé e rivolta ai temi della pace e del dialogo tra le religioni.
Nel seguito, uno scritto di A. Nesti, per ricordare Riva e per annunciare l'evento della prossima estate.



Reggio Emilia. Primi anni ’60 del novecento. La piccola città, così come diverse parti dell’Italia e del mondo occidentale, è in fermento: si prepara la stagione degli scontri, delle proteste, delle rivendicazioni. Nell’immenso e variegato oceano giovanile cominciano ad agitarsi onde tumultuose. Le spinte, le suggestioni sono tante: qualcuno cerca di incanalarle nella lotta politica ma, di fondo, esprimono una diffusa realtà, una decisa, insopprimibile, inarrestabile domanda di senso che si fa largo nel cuore dei ragazzi e dei giovani di allora.

Nella cittadina emiliana giunge un professore di Milano, viene dalla Cattolica e insegna Lettere e Filosofia. Si chiama Giovanni Riva. Il professore s’immerge in quella realtà vibrante con entusiasmo e generosità; sa toccare le giuste corde, coinvolge, emoziona, interpella, fa sentire protagonisti e, soprattutto, parla chiaro: non si nasconde dietro i conformismi della scuola e della società, ma prova a chiarire le domande che agitano il cuore dei “suoi” ragazzi. Sembra avere basi salde il giovane professore: una buona preparazione, certo; una notevole carica umana, è indubbio; ma c’è dell’altro. E qualcuno se ne accorge…
Alcuni sacerdoti che gestivano a Reggio Emilia un centro giovanile diocesano (il “GS” , Gioventù Studentesca), chiamano Giovanni Riva per animare, per dare ordine..
In pratica si chiedeva a Riva di prendere in mano le redini di molti giovani che, in un contesto cittadino molto appassionato (pensiamo solo alla capillare attività del Partito comunista a livello studentesco…) cercavano luoghi dove riunirsi e persone che li aiutassero a orientarsi. Erano un centinaio di ragazzi (dalla scuola superiore fino agli anni universitari), di diversa estrazione sociale, ma tutti accomunati da un desiderio di significato, dalla ferma volontà di trovare basi solide per il loro cristianesimo. ”. Il gruppo già nel 1968 cominciò ad assumere un’identità molto precisa ed autonoma (anche se era sempre in stretto contatto con la diocesi e sempre pronto a collaborare con le varie realtà ecclesiali).
Significativo anche il nome che venne scelto, One way, ovvero una proposta radicale.
I giovani dei primi tempi cominciarono a formarsi delle famiglie e il gruppo iniziale, attraverso vari percorsi che portarono quell’esperienza originaria in giro per il mondo (Asia e Centroamerica, soprattutto), sempre mantenendo salda un’identità comunionale di compagnia, trovò una definizione anche formale. Nel 1976 si diedero il nome di Opera di Nàzaret. Finalmente, nel 1989, l’8 maggio, in Messico, l’Opera di Nàzaret viene eretta canonicamente dal Card. Primate di Città del Messico quale Associazione pubblica di fedeli. Seguirono poi, negli anni, le approvazioni di Vescovi Ordinari in Venezuela, in Giappone e in Italia.
Nel 40° anniversario del 68, ebbi modo di ripercorrere le tappe fondamentali di quella esperienza. Ne nacque una ricca conversazione-intervista pubblicata su “Religiomi e Società” che poi è stata pubblicata in un quaderno messicano intitolato “los Anos,los amigos y Dios”, Mexico, 2010. L’intervista permise di rivivere i momenti fondamentali dell’esperienza di One Way a Reggio Emilia ma allo stesso tempo i rapporti che vennero affrontati vuoi con don Giussani, con Comunione e Liberazione e per altri aspetti col mondo giovanile locale in un momento particolarmente tormentato della vita politica nazionale.
La sua morte, giunta così all'improvviso, trova molti amici smarriti.. Per questo è indispensabile chiedere aiuto alla testimonianza di chi ha vissuto quegli anni e di chi ha raccolto e porta avanti quell’esperienza iniziale.

Un’iniziativa culturale dell’Opera di Nàzaret che dal 1999 si ripete ogni anno: “Tonalestate”. L’Opera infatti – come ci spiega Maria Paola Azzali, Presidente di Tonalestate – organizza ogni anno una vacanza estiva (la “Compagnia”) a Ponte di Legno (Brescia), nel cuore del Passo del Tonale: occasione speciale di incontro per persone di vari Paesi del mondo.
“Di fronte alle esigenze del nostro vivere – continua la Azzali – Tonalestate intende offrire l’occasione di affrontare culturalmente, senza ambire a risposte definitive, la realtà di un mondo globale nel suo mutare; vuole offrire una traccia e l’opportunità di un confronto, un luogo dove far incontrare persone che intendono porsi domande radicali, andare al fondo delle questioni.
Tonalestate è stato definito dai suoi organizzatori “il luogo della speranza”: innanzitutto perché è lo spunto, l’alimento di tutta l’attività formativa annuale dell’Opera di Nàzaret e poi perché offre l’opportunità di una riflessione su ciò che la Chiesa e il singolo cristiano vogliono e possono essere nel mondo: un segno di speranza. “Importante è sottolineare – dice la Azzali - che questa speranza di cui parliamo, secondo lo spirito dell’Opera di Nàzaret, è sempre una speranza tesa ad incontrare il diverso da sé. Per questo ad ogni Tonalestate, indipendentemente dal tema affrontato, dedichiamo una giornata al tema della pace e un’altra al dialogo tra le religioni”.
(Arnaldo Nesti)

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